Lyda Borelli
Quando non si può usare la parola, si prova a comunicare con il corpo, con
Quando non si può usare la parola, si prova a comunicare con il corpo, con gli occhi, con i gesti c’è chi fa arrivare solo un messaggio e chi trasmette qualcosa di più, lei era quel qualcosa in più.Lyda Borelli fu ed è tutt’ora considerata la diva del cinema muto.
La Vita
Lyda Borelli nacque il 22 marzo del 1884 a Rivarolo e si spense il 2 giugno del 1959 a Roma.
Figlia e sorella d’arte, debuttò in teatro da bambina e dopo molte ma piccole interpretazioni, nel 1903 venne scritturata dalla famosa compagnia Talli-Gramatica-Calabresi.Solo un anno dopo ebbe l’opportunità di recitare in uno degli eventi teatrali più importanti: la prima rappresentazione de La figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio, grazie alla sua interpretazione fu consacrata a prima giovane attrice.Nel 1905 arrivò finalmente il ruolo da protagonista, fu Fernanda nell’omonimo dramma firmato Victorien Sardou, recitò accanto alla Duse, Virginio Talli e Ruggero Ruggeri.
Il Successo
Nel 1912 sciolse la Ruggeri-Borelli e divenne capocomica nella compagnia Piperno-Borelli-Gandusio.
L’attrice vide crescere la sua fama grazie alle tourneé in Spagna e Sud America e alle interpretazioni in ruoli come Salomè di Oscar Wilde.Proprio all’apice della carriera teatrale, esordì al cinema con Ma l’amor mio non muore! diretta da Mario Caserini; la pellicola è stata universalmente riconosciuta come il primo diva film del cinema italiano ed ebbe un grandissimo successo.L’attrice prosegue la sua carriera teatrale e cinematografica simmetricamente.I ruoli da lei interpretati ricalcano sempre figure di donne appassionate che si lasciano morire per amore, come la Lyda di Fior di male (1915).Tra le pellicole di maggior successo si è soliti ricordarla in Rapsodia Satanica (1915) e Malombra (1917).
La sua presenza sugli schermi si ebbe fino al 1918; in quell’anno sposò l’industriale, successivamente conte, Vittorio Cini e si allontanò per sempre dalle scene.
Il Borellismo
Seppur la sua carriera fu breve, Lyda Borelli cambiò del tutto l’immaginario femminile: con lei si iniziò a parlare di diva come di un oggetto laico di devozione; infatti raccontava al pubblico attraverso la spettacolarizzazione di un’esistenza straordinaria, grazie alla sua grande capacità di trasmettere emozioni e sentimenti con una serie di posture e pose plastiche e ancor più con gesti ed espressioni del volto.La diva, oltre ad essere l’oggetto del desiderio della fantasia maschile, era molto seguita dal pubblico femminile che cercava di imitarne le movenze; fu un fenomeno talmente evidente che portò nel 1925 ad introdurre nel Dizionario moderno il termine borellismo.
La Versatilità di Lydia Borelli
Lyda Borelli si presentava con la sua figura alta e sinuosa, contornata da lunghissimi capelli castano chiari, spesso raccolti nelle acconciature dell’epoca.Il suo look aveva due varianti: nelle pellicole che la vedono protagonista, si può notare un trucco occhi molto scuro proprio per metterli in evidenza e conferire maggiore drammaticità al personaggio; questo aspetto è accentuato in Rapsodia Satanica dove, oltre lo sguardo, è anche molto evidente la bocca, disegnata e riempita con un intenso rossetto scuro.Altre caratteristiche ritroviamo nelle fotografie della diva, diffuse in cartolina: i grandi occhi scuri sono naturali, non sottolineati con il nero, ma semplicemente incorniciati da folte sopracciglia, volutamente incolte; le labbra sono evidenziate ma in maniera molto più sobria e delicata.Questa ambivalenza riscontrata nel look simboleggia la doppia natura dell’attrice, lei poteva essere una donna ammaliatrice, ma allo stesso tempo donna-angelo e anche donna-natura.